Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XX – 02 dicembre 2023.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Autismo: un nuovo trattamento genetico (WBBE) efficace sperimentato nel topo. In topi eterozigoti Mef2cL35P, che presentavano un fenotipo considerato equivalente a quello dei disturbi dello spettro dell’autismo (ASD), impiegando una tecnica di WBBE (whole brain base editing) in vivo per correggere mutazioni a singola base, in particolare C-G in A-T, Wei-Ke Li e colleghi hanno ottenuto il ripristino dei livelli della proteina Mef2c in varie regioni cerebrali e la scomparsa dei sintomi autistici. La tecnica prevede l’impiego di vettori virali adenoassociati in grado di attraversare la barriera ematoencefalica. [Cfr. Nature Neuroscience – AOP Nov 27, 2023].

 

La morte della bambina colombiana per l’“ameba mangia-cervello” e il rischio reale. Martedì 28 novembre si è avuta notizia della morte di una bambina colombiana di 10 anni già promettente ballerina, Stefania Villamizar Gonzalez. A Santa Marta, il capoluogo caraibico della Magdalena (Colombia), la piccola era giunta con i genitori per una vacanza da circa 48 ore, quando ha cominciato ad avvertire un’otalgia seguita da febbre alta e vomito. La povera bambina aveva contratto un’infezione da Naegleria fowleri, un protista che alterna fasi ameboidi a fasi flagellate, volgarmente detto “ameba mangiacervello”, presente in fiumi, laghi, stagni, ma anche in piscine e parchi acquatici, perché vive in acqua dolce a varie temperature, formando cisti mononucleate sotto i 10 °C e sviluppandosi in acque tiepide e calde fino a 42 °C; la sua infezione risulta mortale per l’uomo nel 97% dei casi. Diagnosticata inizialmente un’otite, Stefania è peggiorata e sono comparse convulsioni e altri segni neurologici: aveva sviluppato una meningoencefalite amebica primaria.

La meningoencefalite l’ha immobilizzata e portata fino alla morte cerebrale comunicata martedì.

L’infezione è stata contratta quasi sicuramente nella piscina dell’albergo: se l’acqua è contaminata basta un’insufficiente clorazione (inferiore a 0,5 mg/l) o filtri mal puliti per lo sviluppo del protista a temperature medie o calde. Infatti, la massima parte delle infezioni si verifica tra luglio e settembre.

A scopo preventivo, quando si ha motivo di temere una contaminazione dell’acqua, si consiglia di usare uno stringinaso o clip nasale, in quanto la via di accesso della Naegleria è la mucosa nasale: dalle terminazioni mucose del nervo olfattivo il microrganismo risale lungo le fibre, attraverso la lamina cribrosa dell’etmoide, giungendo al bulbo olfattivo e poi, dai tratti olfattivi, alle meningi e al rinencefalo. Nei paesi tropicali, in molte località, si raccomanda a chi nuota in acqua dolce di non tuffarsi e non immergere il capo sott’acqua.

Negli USA, dal 1962 ad oggi, sono stati diagnosticati 154 casi; ci risulta che nessun caso sia stato finora ufficialmente registrato dalle autorità sanitarie dell’Europa occidentale, anche se abbiamo diretta comunicazione di un unico caso diagnosticato post-mortem nel 2004 a Padova da Paola E. Cogo e colleghi del reparto di Terapia Intensiva Pediatrica dell’Università di Padova: si trattava di un bambino di 9 anni con meningoencefalite a decorso fulminante; la Naegleria fowleri fu identificata in sezioni di tessuto cerebrale[1].

In ogni caso, attualmente si può escludere che nel nostro paese questo protista possa costituire una minaccia. [Brain, Mind & Life International, dicembre 2023].

 

Come l’orecchio è informato dei movimenti dell’occhio. Quando si muovono gli occhi l’allineamento tra la scena visiva e la scena uditiva cambia. Noi non siamo consapevoli di questi piccoli sfasamenti, ma il cervello incorpora accurate informazioni sui movimenti oculari nei processi di elaborazione uditiva e nella stessa elaborazione visiva. Stephanie N. Lovich e colleghi hanno dimostrato che i piccoli suoni generati all’interno dell’orecchio dal cervello contengono precise informazioni sui movimenti coniugati degli occhi nel dominio spaziale. La direzione e l’ampiezza di questi movimenti oculari possono essere dedotti da questi piccoli suoni, senza altra informazione.

I meccanismi sottostanti implicano probabilmente le varie strutture motorie dell’apparato acustico e possono facilitare la traduzione dei segnali uditivi afferenti in un frame di riferimento ancorato alla direzione degli occhi e da questa alla scena visiva.

(Per approfondire, si veda L’orecchio emette suoni nelle “Note e Notizie” del maggio 2004 e poi: Note e Notizie 17-06-17 Circuito nel sistema uditivo elimina i suoni autoprodotti). [Cfr. PNAS USA – AOP doi: 10.1073/pnas.2303562120, 2023].

 

Espressione genica del temperamento ansioso nella corteccia orbitofrontale dei primati. Nel temperamento ansioso (AT) dei primati subumani sono state rilevate molte analogie con la neurofisiologia corticale dell’inibizione comportamentale (BI) umana. Margaux M. Kenwood e colleghi hanno esplorato l’espressione genica all’interno della corteccia orbitofrontale di primati non umani AT, fornendo un profilo di espressione molecolare di questa regione corticale ampiamente connessa con l’amigdala, corrispondente al temperamento ansioso. [Cfr. PNAS USA – AOP doi: 10.1073/pnas.235775120, November 27, paper print, December 5, 2023].

 

Spiegate da un campo visivo eccezionale le abilità incredibili dello sparviero africano. Lo sparviero serpentario africano (Polyboroides typus, A. Smith 1829) è un uccello rapace della famiglia degli Accipitridi, di grandi dimensioni dal piumaggio spesso di un elegante grigio, dalla testa piccola con becco a punta nera ricurva e una chiazza sulla faccia di pelle nuda gialla che diventa rossa per eccitazione; sulla sommità del piccolo capo delle piume si possono alzare formando una cresta. Le ali ampie, lunghe e dalle estremità arrotondate, hanno remiganti nere come la coda. Una caratteristica unica di questi uccelli è costituita da abilità di movimento impensabili, per la grande flessibilità delle zampe e del resto del corpo che consente loro, anche sospesi a testa in giù, di compiere torsioni e curvarsi in avanti o indietro con angoli di rotazione impossibili per qualsiasi altro volatile, così da poter frugare nei nidi dei tessitori e in cavità e fenditure della roccia nelle zone più impervie dove trovano riparo le sue prede. È impressionante vedere come ruota il capo aggrappato nelle più scomode posizioni.

Steven J. Portugal e colleghi hanno scoperto che lo sparviero serpentario africano detto in America African Harrier-Hawks o Gymnogenes possiede un campo visivo unico e speciale, differente da quello degli altri 18 membri della famiglia degli Accipitridi. Il suo campo visivo è caratterizzato da una visione binoculare che si estende al di sopra della testa, accrescendo in modo straordinario la sua capacità esplorativa, già facilitata dalle sue capacità di contorsionista acrobatico. [Cfr. Current Biology – AOP doi: 10.1016/j.cub.2023.09.016, 2023].

 

Elefanti abili nel problem-solving aiutano a studiare le differenze cognitive individuali. Sara Jacobson e colleghi coordinati da Joshua Plotnick, professore presso il CUNY Graduate Center, hanno condotto il primo studio che dimostra differenze sia nella volontà che nella cognizione di 77 elefanti allo stato naturale, ai quali sono state offerte delle puzzle boxes ossia delle casse contenenti jackfruits (giaca) – i frutti più grandi e tra i più aromatici presenti in natura – e costituite da tre compartimenti chiusi con tre diversi dispositivi: porta scorrevole, porta con apertura verso l’esterno e porta con apertura verso l’interno. Stava agli elefanti attratti dal profumo della frutta scoprire il modo in cui avrebbero potuto aprire i contenitori. Solo 44 dei 77 pachidermi hanno deciso di interagire con le puzzle boxes: 11 elefanti hanno compreso un solo tipo di chiusura, 8 ne hanno scoperti due e solo 5 sono stati in grado, per tentativo ed errore, di risolvere tutti e tre i problemi di apertura. I 5 più bravi sono stati anche quelli che hanno interagito per più tempo con le casse.

I pachidermi sono stati monitorati grazie a motion-activated cameras disposte nell’area del Salakpra Wildlife Sanctuary in Kanchanaburi (Tailandia) per sei mesi, e lo studio attento dei loro comportamenti ha suggerito alcune riflessioni sulle differenze individuali nell’uso delle risorse cognitive e nel successo nel problem-solving, che potrebbero risultare di stimolo anche nella progettazione del protocollo e del setting sperimentale nella ricerca psicologica sull’intelligenza umana. [Cfr. Animal Behaviour – AOP doi: 10.1016/j.anbehav.2023.08.019, 2023].

 

Il Grizzly rivela cosa fanno i geni ritmici circadiani durante il letargo. Gli esperimenti classici e ormai storici, con volontari che soggiornavano per oltre un mese in grotte inaccessibili alla luce solare e perfettamente isolati dal mondo, hanno rivelato che la ciclicità circadiana è mantenuta anche come percezione corretta del tempo trascorso solo per un certo periodo, perché poi si produce uno sfasamento sempre più marcato che denuncia la necessità dell’orologio principale dell’organismo, sito nel nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo, di ritararsi esponendosi alla luce solare. L’ibernazione, da sempre un importante campo di indagine cronobiologica per la sua assoluta peculiarità di assenza di alimentazione e movimento, è stata presa in considerazione per esplorare il comportamento dei geni ritmici circadiani.

Il Grizzly (Ursus arctos horribilis), una delle più comuni sottospecie di orso bruno (Ursus arctos, Linneo 1758) caratterizzata da una gobba-deposito di grasso bruno all’altezza delle spalle e da un maschio che può raggiungere la mezza tonnellata di peso, ha rivelato che i geni ritmici circadiani conservano durante tutto il letargo la loro caratteristica espressione a picchi circadiani che corrispondono ai picchi di produzione energetica in termini di ATP cellulare, solo con un’ampiezza lievemente minore. [Cfr. Journal of Comparative Physiology B 193 (6): 699, 2023].

 

La perdita della cultura familiare svuota di senso le cellule del tessuto sociale e fa prevalere la rete del collegamento burocratico. Il processo di progressiva distruzione dell’unità socioculturale della famiglia naturale, così come era stata concepita fin dall’antichità, sta portando a un impoverimento individuale per perdita di sostanza di contenuti, così che al posto di un vero tessuto sociale costituito da un’interpretazione antropologica affettiva e cognitiva di valori vissuti e sperimentati dall’individuo nella propria casa, si assiste al prevalere, o al rimanere, del reticolo di connessioni che fa capo all’organizzazione burocratica della società. E il progredire di questo processo non è l’ultima delle cause di una tendenza sempre più marcata verso una ragione esercitata nella forma a discapito del contenuto.

I movimenti che hanno sostenuto e le loro sequele che ancora oggi portano avanti la tesi ideologica della distruzione della famiglia, non hanno considerato quella plurimillenaria funzione antropologica del nucleo familiare naturale, costituita dall’edificazione cognitiva, morale e affettiva del soggetto. Per avere un’idea del punto cui siamo giunti nelle società postmoderne, che hanno ridotto la famiglia a un nucleo di sostegno economico di cui possono occuparsi il mercato e lo stato, può essere efficace un implicito paragone per contrasto con i ruoli della famiglia antica, che possiamo attingere dai documenti e dalle trattazioni più autorevoli di storia della civiltà.

La famiglia della Roma imperiale condivide o eredita alcune tradizioni ateniesi, e in generale della polis greca, fondate su alcuni elementi che sono risultati comuni con la civiltà egiziana di qualche millennio precedente, ossia la vita familiare caratterizzata dall’istruzione dei figli da parte dei genitori, dalla convivialità comune e dalla condivisione dei compiti legati alle necessità quotidiane. La famiglia romana condivide dei giochi domestici che, col crescere dei figli, diventano sempre più spesso piccoli spettacoli teatrali, con rappresentazioni più o meno improvvisate, esibizioni musicali e canore, lettura declamatoria di testi di orazioni.

In proposito, ricordiamo anche la ricostruzione di una giornata in cui una famiglia studia sui papiri per esibirsi a un banchetto di una famiglia amica, presentata dal nostro presidente in “Specchio della psiche e della civiltà”, ma ciò che può sorprendere il lettore degli studi di Paul Veyne è leggere che all’interno delle famiglie, ossia di una casa, si formavano delle vere e proprie associazioni, da quanto è dato sapere, con fini culturali. La sorpresa viene innanzitutto dalla tradizione romana che considerava tre il numero perfetto dei figli per una coppia, da iscrizioni in cui l’insieme della figliolanza in generale era indicata come “i tre figli” e, infine, da narrazioni di coppie fedeli alla dottrina stoica che, dopo il terzo figlio, si erano astenute dai rapporti per il resto della vita. Ma, se si considera che non si trattava di una regola, che il tre delle iscrizioni era un modo di dire, che le adozioni erano comunissime, tanto che genitori benestanti avevano a volte più figli adottivi che naturali, e infine che altri parenti, amici e clienti potevano essere aggregati, ci si può spiegare la presenza in una casa di un numero sufficiente di persone per comporre due o tre piccole associazioni.

Il vincolo di partecipazione al nucleo familiare salda l’importanza delle nozioni acquisite e condivise: al mattino, al risveglio, i membri della famiglia si scambiano un saluto di buon giorno, non come una banale convenzione ma quale segno reciproco di appartenenza affettiva da portare con sé dovunque si vada a compiere i propri doveri di giornata. Il saluto fra tutti gli abitanti della domus ha il duplice effetto di portare nel mondo esterno la ratio della casa e attualizzare dentro di sé i vincoli di appartenenza affettiva che sostengono la forza psicologica dell’Io. I clienti sono amici interessati che professano amore e ammirazione per i padroni di casa, ottenendone privilegi e favori in cambio di un impegno a propagare la buona fama e le virtù della casa di cui si sentono partecipi, al punto che i poeti Giovenale e Marziale si lamentano di subire la concorrenza dei clienti greci dei potenti che sarebbero potuti diventare loro mecenati. Per essere parte della famiglia, i clienti devono dunque partecipare al saluto del mattino: “Il saluto mattutino è un rito; mancarvi avrebbe significato sconfessare il vincolo di clientela. Si fa la coda in abito da cerimonia (toga); ogni visitatore riceve simbolicamente una specie di mancia (sportula) che permette ai più poveri di comprarsi da mangiare per quel giorno…”[2].

L’incontrarsi della famiglia al desco è un momento ancora più importante: la priorità di parola è per i genitori e i figli, ma sia i clienti scelti fra quelli che erano presenti al rito mattutino della salutatio, sia i liberti ammessi per affetto e consuetudine, possono raccontare, intrattenere i commensali, riferire un evento di attualità o la notizia di un dibattito filosofico o chiedere consiglio su come comportarsi in occasioni sociali. Si legge di battibecchi a tavola tra clienti poveri e schiavi diventati facoltosi uomini liberi. Inutile sottolineare che l’intervento di moderazione dei padroni di casa ribadiva la ratio della domus.

L’influenza culturale non era esercitata solo dalle famiglie delle classi privilegiate che erano al potere, ma anche da famiglie che riuscivano a sviluppare una cultura domestica tale da attrarre molto consenso e a propagarne le virtù e lo stile. Lo strumento della cultura familiare creata dallo studio tra le mura domestiche poteva costituire una leva di promozione sociale, ma soprattutto conferiva una visione del mondo, come diremmo oggi, una Weltanschauung. Scrive Tacito: “La parte sana della popolazione vedeva tutto con gli occhi delle grandi case”[3].

Paul Veyne così caratterizza la famiglia di epoca imperiale: “La famiglia esercita un potere materiale e morale su quelli che la compongono e su quelli che la circondano; ora, nello spirito di tutti, questo potere su questa piccola cerchia la qualifica anche come membro della classe che governa ciascuna città, anzi l’Impero nel suo complesso”[4].

La famiglia, come nucleo solidale di affetti e fedeltà reciproca dei suoi membri, costituisce un piccolo mondo capace di dare supporto psicologico e sostegno: “Cicerone, al momento della sua partenza per l’esilio, aveva avuto la consolazione di sentire i suoi amici mettere al suo servizio «la propria persona, i figli, gli amici, i clienti, i liberti, gli schiavi, i beni»”[5].

Questa eredità sarà sviluppata e consolidata nei secoli cristiani attraverso due millenni fino alla metà del ventesimo secolo, quando comincia il processo di disgregazione della famiglia naturale, disperdendo un patrimonio di modi della ragione e senso vissuto dei valori, e così lasciando le società attuali orfane di quella miriade di nuclei di cognizione affettiva in cui si formavano i sentimenti profondi a sostegno dei grandi ideali. [BM&L-Italia, dicembre 2023].

 

Notule

BM&L-02 dicembre 2023

www.brainmindlife.org

 

 

 

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La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.

 

 

 



[1] Paola E. Gogo et al., Emerging Infectious Diseases 10 (10): 11835-1837, 2004.

[2] Paul Veyne, L’Impero Romano in La vita privata dall’Impero romano all’anno Mille (a cura di Philippe Ariès & Georges Duby) p. 63, CDE (su licenza G. Laterza e figli) Milano 198

[3] Paul Veyne, L’Impero Romano, op. cit., p. 64.

[4] Paul Veyne, L’Impero Romano, op. cit., idem.

[5] Paul Veyne, L’Impero Romano, op. cit., idem.